Martedì 17 agosto 2021 si è spento Aldo Scarpignato, libraio antiquario romano e proboviro dell’ALAI. Lo ricordiamo in questa sede con le parole degli amici e colleghi Piero Piani e Alessandro Santero.
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Aldo Scarpignato; un saluto, più che un ricordo.
Aldo non sarebbe mai stato d’accordo nel sapere di essere ricordato con un “coccodrillo”, sia pure amichevole e scherzoso, mai triste, come lui è stato.
Così io sempre l’ho conosciuto, sia durante “feroci” trattative commerciali che in discussioni generali, associative, politiche o altro.
Venne a Bologna al funerale di Giuseppe Zanasi, un comune, difficile collega, ma “grande” amico di entrambi, e ricordo con affetto i ringraziamenti della vedova per il nostro comportamento, rispettoso ma non triste pur nella circostanza. Zanasi se ne andò giovane assai, ed anche Aldo, settantenne, poteva aspettare ancora un po' prima di lasciarci.
Figlio d’arte, poiché il padre Giuseppe già prima della guerra aveva aperto la libreria di via Ripetta, storica sede poi per molti decenni, ma non da subito libraio (come primo lavoro fu bibliotecario all’Università di Perugia). Passò al commercio poco meno di 40 anni fa, circa. Divenendo prestissimo punto di riferimento per molti di noi; a me lo “consigliò” Roberto Palazzi e ricordo il piacere col quale mi recavo a Roma ogni volta possibile per passare un paio d’ore con lui ed il vicino di bottega (via Tomacelli), Francesco Ponti, oggi libraio in Charing Cross London.
Aveva quel modo tutto romano e suo in particolare, quel senso di apparente disinteresse scherzoso col quale acquistava e vendeva biblioteche intere, famose alcune.
Ma quando poi si parlava dell’ALAI, di qualche caso, recente e “delicato”, il rigore morale pur sempre contemperato dal buon senso era di alta qualità.
Ciao Aldo , da noi tutti, librai italiani.
Piero Piani
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Ricordo bene gli anni delle mie frequentazioni romane, l’entusiasmo che dava girare per quella città dove le scoperte sembravano potersi annidare dietro ogni angolo, dentro ogni bottega che a stento riusciva a contenere nel suo interno tutti i libri ivi depositati, espellendone, in qualche caso, anche fuori sui marciapiedi, appoggiati su sedie o impilati alla meno peggio su cassette o sediole scassate. Anche la bottega di Scarpignato, a via di Ripetta, poteva dare quell’impressione. Impressione, visto che tutti noi chineur, locali o importati, sapevamo che “affari” se ne sarebbero potuti fare ben pochi. Il libraio, figlio di libraio (chissà se suo padre lo avesse chiamato Aldo in onore di quell’altro Aldo), sapeva il fatto suo e interpretava pienamente e ad alto livello, lo stile distaccato e ironico, tipico dei rappresentanti della nostra categoria operanti nella Città Eterna. Una volta arrivai mentre un cliente maramaldeggiava indicando lo scaffale in cui il padre conservava gli incunaboli e che a quel tempo ospitava altro materiale, a suo dire, di ben minore rilevanza: Aldo lo guardava sornione, incassando con indifferenza… Ben sapeva che ben altro pane poteva dar di che masticare. E infatti fu tra quelli che al momento giusto seppero valorizzare il grande novecento. Ma non solo. Il gusto per il pensiero moderno gli fece esplorare i mondi dell’illuminismo, il pensiero del risorgimento, attraverso libri, ‘plaquettes’ e non solo. In tanti cataloghi, mai banali, comparvero autografi, disegni e quant’altro poteva comporre un racconto, il suo racconto attraverso il quale interpretare questo mestiere. Aldo è stato sempre parte attiva in Alai e lo ricordo intervenire in tempi di assemblee tutt’altro che facili, a volte oltrepassando i confini del suo abituale ironico distacco, agitando lo statuto associativo tenuto tra due dita, come fosse stato il libretto rosso di Mao. Forse proprio in quel richiamarsi ad alcuni valori statutari, Aldo ha vissuto il significato di essere parte di una Associazione e forse, proprio per questa ragione, da parecchi anni veniva eletto tra i membri del Consiglio dei probiviri. Si, in effetti la mia frequentazione di Aldo è stata limitatissima e solo ora, nel cercare di mettere su carta qualche ricordo di lui, mi accorgo che ben poco ho da raccontare. Evidentemente sono stato tratto in inganno dal sentimento di “vicinanza libraria” che ho sempre provato nei suoi confronti, quella vicinanza che unisce, al di là dei momenti passati insieme, due che si trovano a interpretare questo lavoro in modo simile e che unisce a volte molto di più di quanto possano fare tante parole scambiate o momenti vissuti, amplificando così il ricordo di un amico come null’altro potrà mai fare.
Alessandro Santero