GOBETTI, Piero (1901-1926). La rivoluzione liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia. Bologna, Cappelli, 1924.
PRIMA EDIZIONE del saggio in cui Piero Gobetti espone per la prima volta in volume le sue idee sul liberalismo e la politica italiana, già in parte enunciate dalle colonne dell’omonima rivista da lui fondata nel gennaio del 1922.
Partendo dall’analisi delle cause del fallimento della classe politica italiana dopo l’unificazione, egli prende in esame i principali partiti del suo tempo e sostiene l’esigenza di una rivoluzione modernizzatrice, liberale e anticonformista, che dia finalmente all’Italia un volto moderno, la quale tuttavia, a suo avviso, non può nascere se non dalla classe operaia. Il movimento operaio, dopo il fallimento della borghesia, è quindi l’unica forza capace di formare una nuovo gruppo dirigente maggiormente consapevole delle esigenze sociali del paese.
Benché Gobetti non sia stato il primo ad utilizzare la formula “rivoluzione liberale”, fu senz’altro grazie a lui che essa si diffuse e venne universalmente conosciuta.
Piero Gobetti nacque a Torino da una famiglia di piccoli commercianti. Dopo gli studi compiuti presso il liceo Gioberti, dove ottenne la licenza con un anno di anticipo, nel 1918 s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’università della sua città, dove all’epoca insegnavano L. Einaudi, F. Ruffini e G. Solari.
Iniziò così la sua prodigiosa e brevissima carriera intellettuale e politica. Sempre nel ’18 fondò il quindicinale “Energie nuove”, cui diedero il loro contributo personalità del calibro di Einaudi, B. Croce e A. Loria. Non ancora ventenne erano già maturati in lui quel rigore e quell’intransigenza, mutuati dalla riforma calvinista, di cui era un grande estimatore, che lo avrebbero contraddistinto fino alla prematura morte. Il suo approccio alla politica era più mirato alla preparazione dei giovani e alla loro educazione in senso liberale e rivoluzionario che non al conseguimento di obiettivi di breve termine.
Nel 1922 si laureò con il massimo dei voti e dignità di stampa, con una tesi su La filosofia politica di Vittorio Alfieri (Torino, 1923). Avvicinatosi al gruppo di “Ordine nuovo”, guidato da Antonio Gramsci, prese parte all’esperienza dei consigli di fabbrica e cominciò a collaborare al quotidiano con una rubrica di letteratura e teatro.
Nel 1922 fondò la rivista “La Rivoluzione liberale”, uscita settimanalmente fino al novembre del 1925, in cui espresse con forza la sua militanza antifascista. Nel 1923 venne fermato ed arrestato per due volte.
Nel frattempo egli affiancò all’attività giornalistica quella editoriale. Nel giro di pochi anni pubblicò opere di autori esordienti come Eugenio Montale (Ossi di Seppia), di pensatori politici antifascisti come Giovanni Amendola, Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi e Vilfredo Pareto, ma anche di uomini dello schieramento opposto come Carlo Malaparte, dando prova di grande intuito ed intelligenza anche in questo campo.
Nel 1924 dedicò un libro al socialista G. Matteotti, assassinato nel giungo di quell’anno, e fu lui stesso aggredito e picchiato da una squadra fascista. Alla fine dell’anno, nel tentativo di allargare il fronte di opposizione contro Mussolini, fondò il periodico “Il Baretti” (nome con cui ribattezzò anche la casa editrice), al quale via via collaborarono B. Croce, E. Cecchi, G. Debenedetti, L. Ginzburg, U. Saba, N. Sapegno, M. Mila e molti altri.
Sempre più sottoposto a controlli e sequestri, nel febbraio del 1926 partì per Parigi insieme alla moglie e al figlio appena nato. Morì tuttavia pochi giorni dopo l’arrivo a causa di una bronchite. La sua salma fu sepolta nel cimitero di Père Lachaise, dove giace tuttora.
Descrizione fisica. Un volume in 8vo di pp. 162. Dalla collezione “Biblioteca di studi sociali”. Brossura editoriale.
F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010