Classici Italiani
La summa del sapere rinascimentale sui geroglifici - 1556

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

La summa del sapere rinascimentale sui geroglifici - 1556

VALERIANO BOLZANIO, Giovanni Pierio (Dalle Fosse Giovanni Pietro, 1477-1558). Hieroglyphica, sive de sacris Aegyptiorum literis commentarii. Basilea, [Michael Isengrin], 1556.

 

PRIMA EDIZIONE del testo completo in cinquantotto libri. Contemporaneamente a Firenze, presso i torchi di Lorenzo Torrentino, apparve un’edizione parziale, contenete solo i primi otto libri e una parte del nono.

Ognuno dei libri di cui si compone l’opera, essendo dedicato ad un diverso amico dell’autore, ebbe probabilmente una circolazione manoscritta autonoma. Valeriano si occupò personalmente della realizzazione delle matrici in legno, pagandole di tasca propria. Affidò quindi la cura della stampa all’umanista brabantino Arnoldo Arlenio, che in quegl’anni viveva tra Firenze e Basilea. Questi cercò dei finanziatori e, dopo un vano tentativo di dedicare l’opera a Ferdinando I e Massimiliano d’Asburgo, trovò infine il sostegno di Cosimo I de’ Medici e Johann Jacob Fugger.

Questa intricata vicenda editoriale rende solo in parte ragione del fatto che una piccola parte dell’opera apparve dapprima a Firenze, dove si intendeva forse farla uscire, e fu poi definitivamente stampata fuori dall’Italia.

Nel 1567, sempre a Basilea, Celio Secondo Curione curò una nuova edizione dei Hieroglyphica, nella quale aggiunse al corpus originario altri due libri, contenenti trenta nuove figure emblematiche. L’opera del Valeriano ebbe comunque un successo straordinario, ancor più sorprendente se si considera la mole del libro, e fu tradotta in italiano e in francese e ristampata decine di volte fino alla fine del Seicento.

Il culto dell’egittologia, o meglio della simbologia ed iconologia egittologica, che era già vivo nel circolo ficiniano di Firenze, si diffuse ancor più dopo la pubblicazione dell’opera di Orapollo, che fu edita a Venezia da Aldo Manuzio nel 1505. Alla stregua del genere molto affine dell’emblema, esso nasceva dal gusto, sorto in ambiente neoplatonico, per la simbologia arcaica. Si riteneva infatti che il geroglifico avesse il potere di trasmettere per via figurativa l’antica sapienza degli Egizi, i quali, insieme ai Caldaici, agli Ebrei e ai Greci, erano considerati come i depositari del sapere originario, unico ed immutabile, del quale le filosofie successive e persino la religione cristiana non erano altro che nuove rivelazioni.

Giovanni Pietro Dalle Fosse, originario di Belluno, fu nipote dell’illustre grecista Urbano Dalle Fosse (Bolzanio). Questi nel 1493 lo condusse con sé a Venezia e lo introdusse nel circolo di Aldo Manuzio, dove poté conoscere Giorgio Valla, Costantino Lascaris e Marcantonio Sabellico, il quale gli suggerì di adottare il nome di Pierio Valeriano.

Nel 1509 si trasferì a Roma, dove divenne un protetto di papa Leone X, che lo nominò notaio pontificio e arciprete della cattedrale di Belluno e gli affidò l’istruzione dei nipoti, Ippolito ed Alessandro. Dopo la morte del pontefice fu per un certo periodo membro dell’Accademia Pontaniana a Napoli. Ritornato a Roma, ricoprì altri importanti incarichi sotto Clemente VII.

In seguito al sacco di Roma del 1527 trovò ospitalità presso Achille Bocchi a Bologna e successivamente presso Celio Calcagnini a Ferrara. Dal 1537 si ritirò a Belluno, dedicandosi agli studi e alla redazione del suo capolavoro, i Hieroglyphica. Pubblicò inoltre diverse collezioni di versi neolatini e importanti scritti filologici. Morì a Padova nel 1558.

 

Descrizione fisica. Un volume in folio di pp. (12), 15, (1) e cc. 15-424 [i.e. 425], 26. Con marca tipografica sul titolo e al verso dell’ultima carta, ritratto dell’autore al verso del frontespizio e 327 figure in legno nel testo.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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