Classici Italiani
Il più importante erbario italiano del Cinquecento - 1565

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

Il più importante erbario italiano del Cinquecento - 1565

MATTIOLI, Pietro Andrea (1501-1577). Commentarii in sex libros Pedacii Dioscoridis Anazarbei de medica materia, iam denuo ab ipso autore recogniti, et locis plus mille aucti. Adiectis magnis, ac novis plantarum, ac animalium iconibus, supra priores editiones longe pluribus, ad vivum delineatis. Venezia, Vincenzo Valgrisi, 1565.

 

PRIMA EDIZIONE LATINA ILLUSTRATA CON LE FIGURE GRANDI.

L’opera, pubblicata per la prima volta in italiano da Niccolò Bascarini (Venezia, 1544), venne ristampata con alcune aggiunte nel 1548, nel 1550 e nel 1552. La prima edizione della versione latina, che fece conoscere i Commentarii in tutta Europa, uscì presso il Valgrisi nel 1554, accompagnata da oltre cinquecento piccole figure (cm 3,5x9,8) realizzate dall’illustratore udinese Giorgio Liberale. Nel 1554 Mattioli si trasferì, in qualità di medico dell’arciduca Ferdinando, presso la corte imperiale di Praga, dove in quegli anni si trovava anche il Liberale. Questi, insieme a Wolfgang Meyerpeck, disegnò un nuovo set di figure di grande dimensione (cm 22x16) ad illustrazione dell’opera del Mattioli. Le nuove figure furono stampate per la prima volta a corredo della prima versione in boemo dei commentari, che uscì a Praga nel 1562 per i tipi dell’editore Georg Melantrich, il quale era in rapporti associativi con il veneziano Valgrisi. L’anno seguente Georg Handsch, anch’egli in collaborazione con il Valgrisi, le ristampò a Praga per la prima edizione in tedesco dell’opera.

Successivamente le preziose matrici in legno giunsero a Venezia nella bottega del Valgrisi, che se ne servì per la presente edizione, per la quale fu appositamente intagliato un nuovo ritratto dell’autore in medaglione. Il nome dei due artisti compare nella dedica all’imperatore Massimilano II, mentre risulta sconosciuto il nome dell’incisore che si firma con il monogramma “G.S.”.

Insieme ai legni realizzati da Hans Weiditz per l’erbario di Otto Brunfels (1530-‘32) e a quelli incisi da Veit Rudolph Speckle su disegni di Albrecht Meyer per il De historia stirpium di Leonhard Fuchs (1542), le xilografie del Mattioli rappresentano l’apice dell’illustrazione botanica di grandi dimensioni del Cinquecento. Esse continuarono ad essere utilizzate anche dopo la diffusione dei primi erbari con incisioni in rame. Ancora nel 1755 lo scienziato francese H.L. Duhamel du Monceau se ne servì per il suo Traité des arbres et arbustes.

Tutti i botanici del Cinquecento furono in un certo senso traduttori o commentatori di Pedanius Dioscorides, medico greco originario di Anazarbo in Cilicia, che visse nel primo secolo e lasciò un erbario conosciuto con il titolo latino di De materia medica. Ancora a metà Settecento ogni indagine identificativa sulle piante aveva come punto di partenza il testo del medico greco.

I Commentarii di Mattioli, con oltre sessanta edizioni in italiano, latino, ceco, francese e tedesco, furono sicuramente il più popolare e diffuso erbario della seconda metà del Cinquecento. Grazie alle aggiunte da lui apportate al testo greco (che egli conobbe nella traduzione latina di Jean Ruel), all’identificazione di molte piante elencate da Dioscoride e alla descrizione di nuove specie da lui scoperte durante i suoi viaggi o segnalategli dai suoi numerosi corrispondenti, Mattioli rimase per oltre cinquant’anni l’indiscussa autorità europea in materia.

A lui si deve la scoperta o l’identificazione di circa duecento piante. Egli fu in corrispondenza in Italia con Ulisse Aldrovandi e Luca Ghini, prefetto dell’orto botanico di Pisa e maestro di Luigi Squalermo, detto l’Anguillara, a sua volta prefetto dell’orto botanico di Padova (i due orti si contendono il primato di anzianità in Europa); fuori dall’Italia con Conrad Gesner, Ogier Ghiselin de Busbecq, ambasciatore imperiale a Costantinopoli, e Willem Quackelbeen, medico di quest’ultimo.

Pietro Andrea Mattioli nacque a Siena nel 1501. Laureatosi in medicina a Padova nel 1523, esercitò la professione a Perugia e Roma, prima di trasferirsi nel 1527 a Trento, dove divenne medico personale di Bernardo Clesio, principe-vescovo della città. Dopo la morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1539, si recò a Gorizia con la carica di medico cittadino, rimanendovi fino al 1554. In quell’anno fu chiamato a Praga alla corte imperiale, dove venne nominato medico personale dell’arciduca Ferdinando e successivamente dell’imperatore Massimiliano II. Nel 1570 fece ritorno a Trento, dove morì di peste nel 1577.

 

Descrizione fisica. Un volume in folio di pp. (172), 1459, (13). Con il ritratto xilografico dell’autore a piena pagina e circa 1000 figure a tre quarti di pagina incise in legno, di cui oltre 900 raffiguranti piante, le restanti vari tipi di animali. Marca tipografica sul frontespizio, a carta 6G4v ed in fine. L’ultimo fascicolo contiene il De ratione distillandi aquas ex omnibus plantis.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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