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Chiude la Libreria Antiquaria Rovello di Milano

Data 01/12/2020       Categoria Articles and Publications
Autore Admin

Chiude la Libreria Antiquaria Rovello di Milano

La Libreria Rovello fu luogo d'incontro per Croce, Einaudi, Spadolini. Il titolare: «Tutti mi capiscono, nessuno mi ha aiutato»

Ogni sera, poco dopo le cinque, Umberto Eco arriva alla libreria antiquaria Rovello, sita all'inizio dell'omonima via milanese. Lo aspetta Mario Scognamiglio, titolare e ideatore della rivista Esopo e dell'Almanacco del bibliofilo. Ai due si aggiunge sempre qualcuno e poi si celebra la liturgia dell'aperitivo. Non è possibile qui dare l'elenco completo dei convenuti, diremo soltanto che Mario Andreose o Carlo Feltrinelli vi fanno sovente parte. La scena ora delineata è da ripensare con i verbi al passato. Sulla porta della Libreria Rovello un avviso ricorda che è chiusa per inventario, ma si stanno confezionando scatoloni.
I volumi sono già stati venduti a un altro antiquario e questo cenacolo — dove si è seduto recentemente per parlare di libri anche il presidente Giorgio Napolitano in visita al capoluogo lombardo — chiude. Scognamiglio, dopo aver cercato per oltre un biennio qualcuno che potesse rilevare la sua attività, si arrende. «Mi scuso sin d'ora — ci confida — con coloro che passeranno qui davanti se tra qualche settimana vedranno nelle vetrine anziché incunaboli, testi di Manuzio o di Bodoni della biancheria intima o dei pupazzi».

Battute a parte, la chiusura della Rovello è una perdita per la cultura. La fondò Paolo Cesati nel 1893, dopo aver lavorato presso l'editore Ferrario (quello della prima stampa de I Promessi Sposi) al numero 16 di via Broletto. Si trasferirà nel 1927 — ricorda Marino Parenti in un articolo del 1938 sulla rivista Nero su bianco - in via San Tomaso e, aggiungiamo, alla fine degli armi Quaranta in via Rovello. Scognamiglio nota che le spese e le esorbitanti imposte ormai strozzano un'attività come questa. «Tutti mi capiscono — confida — ma nessuno mi ha dato aiuti concreti».
Che dire? Semplicemente che questa libreria è sopravvissuta a due guerre mondiali, allo stato d'assedio di quel macellaio di Bava Beccaris, alla crisi del '29 e a tante altre, alla Contestazione ma non all'attuale congiuntura economica. Chiudere la Rovello è come cancellare pagine di letteratura e di storia. Tra i mitici clienti il Principe di Piemonte (veniva con l'aiutante di campo), i Trivulzio, i Belgioioso, il conte Dal Verme (per togliersi un letamaio davanti al palazzo costruì gratis il teatro che ne porta il nome); inoltre era frequentata da Treves, Turati, Benedetto Croce, Renato Simoni, Arturo Tosca-nini (probabilmente comperò qui la rarissima edizione dei Sonetti lussuriosidell'Aretino). Francesco Flora ci passava interi pomeriggi, Luigi Einaudi da presidente della Repubblica si sedette per consultare testi economici. E ancora: Leonardo Sciascia, Giorgio Strehler, Giovanni Spadolini.

Mario Scognamiglio, giornalista di vecchio stile, la rilevò nel 1975 e ora si ritira in uno studio bibliografico di piazza Castello. «Non è la stessa cosa — aggiunge — e mi mancherà il contatto con i giovani passanti che chiedevano anche una semplice informazione».

 

di AMANDO TORNO
Corriere della Sera
29 dicembre 2012




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