History and profession
        
                About us 
            |     
        
                History and profession 
            |     
        
                Statute and code of ethics
        
        
        
        
        Associazione Librai Antiquari d'Italia.
Rendere
 alla parola "Antiquario" l'antica rispettata dignità. Offrire una 
garanzia morale sulla persona dei propri associati. Divulgare in un 
pubblico più vasto l'amore e l'interesse per il libro antico. Liberare 
il libro stesso dalle tante pastoie che opprimono il commercio 
internazionale. Con questi scopi viene fondato a Milano, nell'autunno 
del 1947, il Circolo dei Librai Antiquari. Le librerie aderenti al 
gennaio 1948 sono 19 (21 conteggiando a parte le sedi romane della 
Hoepli e della Olschki): Banzi di Bologna, Bozzi e Delai di Genova, 
Olschki di Firenze, Casella di Napoli Nironi e Prandi di Reggio Emilia, 
Rappaport di Roma, Bourlot e Pregliasco di Torino Cassini di Venezia e 
nove ditte milanesi (La Bibliofila, Cantoni, Cavallotti, Garzanti, 
Hoepli, Mediolanum, Il Polifilo, Turri e la Libreria Vinciana). Il 
numero dei soci è abbastanza ristretto, ma i nomi dei fondatori sono i 
più illustri dell'antiquariato italiano: Erard Aeschlimann e Mario 
Armanni, librai di grande esperienza e uomini di studio, artefici del 
grande successo della Libreria Antiquaria Hoepli; Cesare Olschki, figlio
 ed erede di quel Leo Samuel autore degli Choix de livres reres et 
curieux e che D'Annunzio definiva "libraio principe fra i più potenti di
 studio e fortuna"; Dino Prandi, allora agli inizi di una carriera di 
antiquario, bibliografo, editore esperto d'arte che lo avrebbe reso 
protagonista nella vita culturale italiana; Alessandro Piantanida, 
titolare di quella Libreria Vinciana cui si ascrive l'imponente catalogo
 monografico sugli Autori Italiani del'600 che resta tuttora una delle 
principali fonti bibliografiche sull'editoria italiana del XVII secolo; 
Luigi Banzi specialista in autografi e firma di livello internazionale; 
Gian Vittorio Bourlot e Lorenzo Pregliasco, librai di fiducia di Luigi 
Einaudi e di antiquari di antica tradizione familiare. E ancora Giocondo
 Cassini, Dante Cavallotti, Gaspare Casella, Carla Marzoli, Elfo Pozzi, 
Carlo Everardo Rappaport, Alberto Vigevani: tutti professionisti di 
grande serietà ed esperienza, titolari di librerie prestigiose.
La
 costituzione del Circolo da parte di un'élite qualificata pone 
finalmente l'Italia al passo con gli altri paesi europei: in coincidenza
 con il grande sviluppo mondiale del mercato antiquario, già nel primo 
triennio del secolo erano infatti sorte in Europa varie associazioni 
nazionali di Librai antiquari. L'Antiquarian Booksellers' Association 
data al 1906, il Verein der Deutschen Antiquariats und Exportbuchhändler
 al 1918, l'Antikvarboghandlerforening danese del 1920, la Svenska 
Antikvariatforeningen al 1935 come la Nederlandsche Vereening van 
Antiquaren; anche il Syndicat de la Librairie Ancienne et Moderne 
(livres d'Occasion) operava fin dal 1933. In Italia i primi decenni del 
secolo avevano rappresentato un periodo di straordinaria fortuna per il 
commercio antiquario caratterizzato da una fase di espansione e sviluppo
 del mercato e dalla presenza di protagonisti d'eccezione quali Leo 
Samuel Olschki o Tammaro De Marinis; nonostante la crescita del settore,
 attestata dalla diffusione di aste librarie di ottimo livello e dalla 
produzione di pregevoli cataloghi di vendita, non era nata però 
quell'associazione di categoria auspicata sin dagli anni '80 
dell'Ottocento come elemento di razionalizzazione e moralizzazione del 
settore. Il primo e unico tentativo di fondare un'associazione di librai
 antiquari d'Italia risale infatti al 1880, periodo in cui 
l'antiquariato librario aveva appena assunto una propria autonoma 
fisionomia in seno al commercio librario; esso si deve a una Società di 
Professori ed Amatori intitolata "Il Bibliofilo" (come la rivista cui 
diede vita tra il 1880 e il 1890) ispirata da Carlo Lozzi giurista e 
bibliofilo marchigiano, ed espressione del profondo legame che sul 
finire del XIX secolo collegava antiquariato librario e mondo della 
bibliofilia e della cultura. Un legame via via attenuatosi nel corso 
degli anni, tanto che il Circolo dei Librai Antiquari sembra porsi 
soprattutto lo scopo di rivalutare la figura professionale e morale del 
libraio antiquario e di recuperarne un più diretto rapporto con il mondo
 delle biblioteche e degli studi. Questa è l'impressione che si ricava 
dalla lettura del primo statuto: il Circolo, che si proponeva "di 
disciplinare il commercio librario d'antiquariato e di sviluppare 
l'amore per il libro antico", includeva, tra i suoi compiti, non pochi 
interventi di carattere bibliografico-inforrnativo:
- a. Svolgere
 una azione moralizzatrice del commercio del libro antico fissandone le 
norme generali ed applicando sanzioni ai trasgressori.
- b. 
Sollecitare dalle competenti autorities disposizioni intese a facilitare
 il commercio d'antiquariato in Italia e all'estero.
- c. Promuovere manifestazioni di bibliografia ed associarsi a quelle ordinate da altri enti.
- d. Collegarsi con i Circoli stranieri similari e con librerie d'antiquariato all'Estero.
- e. Raccogliere cataloghi, bollettini, notizie concernenti il commercio del libro antico.
- f. Pubblicare un bollettino periodico con, articoli divulgativi di bibliografia, notiziari, desiderata ed offerte di opere.
- g. Pubblicare, patrocinare o partecipare ad imprese editoriali di bibliografia.
- h. Compiere ricerche bibliografiche per tutti i soci.
- i. Unificare l'adozione della terminologia relativa alla schedatura di un libro.
- l. Compiere un censimento di bibliofili formando indirizzari selezionati e divisi per specializzazioni.
Un
 programma ambizioso per le scarse risorse e le deboli forze di 
un'associazione ristretta, ma gli intenti denunciano uno sforzo di 
qualificare l'associazione di categoria anche e soprattutto sul versante
 culturale. Nel novembre 1947 esce così il primo numero del “Bollettino 
del Circolo dei Librai Antiquari” (mensile, pubblicato a Milano, 
redattore responsabile Marino Sgattoni che di lì a qualche anno avrebbe 
aperto una propria libreria antiquaria): la rivista ospita brevi 
articoletti d'interesse professionale, informazioni utili per l'attività
 commerciale, un "Notiziario" relativo alla vita delle librerie 
antiquarie, le “Comunicazioni del Circolo” ai soci, segnalazioni e 
recensioni bibliografiche, e, soprattutto, inserzioni, aperte a tutte le
 librerie, relative alle "Offerte" e “Domande” di libri. Il periodico 
prosegue fino al 1961, ridotto però negli ultimi anni a due fogli di 
supplemento alla "Libreria" organo ufficiale dell'Associazione Librai 
Italiani; in esso è documentata, fra l'altro, la particolare attenzione 
della categoria per i problemi connessi all'esportazione (o 
all'importazione) che si configuravano come una vera via crucis per i 
librai antiquari (come dimostra la serie di articoli sulle Tribolazioni 
del libraio antiquario apparsa sul "Bollettino" nel 1948). Nel 1949 il 
Notiziario de "La Bibliofilia" (prestigiosa rivista di casa Olschki), 
dando notizia di recenti aste londinesi della Sothebys, riferiva con 
rammarico che la Libreria Hoepli - che segnava «con le sue belle vendite
 e i suoi cataloghi perfetti e bibliograficamente onesti e sinceri, un 
punto cardinale nel vasto firmamento librario» - aveva, «quasi 
abbandonato il nobile agone internazionale» forse anche per reazione 
«alle forti pressioni fiscali»: l'articolista sottolineava al riguardo 
la «persistente diffidenza delle Autorità preposte alla tutela della 
vita bibliografica verso il commercio del libro antico». Contrastare 
questa “diffidenza” e realizzare un diverso rapporto con gli uffici 
d'esportazione e, più in generale, con il mondo delle biblioteche, 
diventa ben presto il principale scopo del Circolo.
Se l'azione 
di tutela degli interessi della categoria rappresenta, ovviamente, 
l'aspetto più rilevante e significativo dell'attività sociale dal '47 ad
 oggi, altro elemento permanente e distintivo è la partecipazione 
dell'associazione alla vita della Lega Internazionale dei Librai 
Antiquari cui l'Italia aderì sin dalla sua fondazione. L’International 
League of Antiquarian Booksellers (ILAB, o LILA secondo la denominazione
 francese di Ligue Internationale de la Librairie Ancienne) fondata su 
iniziativa del libraio olandese Menno Hertzberger in occasione del 
congresso di Copenhagen (1-5 settembre 1948), contava inizialmente dieci
 associazioni aderenti (Inghilterra, Belgio, Danimarca, Finlandia, 
Francia, Italia, Olanda, Norvegia, Svezia e Svizzera) e si proponeva di 
coordinare gli sforzi per favorire lo sviluppo del commercio del libro 
antico. Oltre a promuovere un "Recueil des us et coutumes" per 
normalizzare la prassi commerciale (e in particolare i rapporti, tra 
librai) e a patrocinare iniziative bibliografiche, l'ILAB avviò la 
consuetudine tuttora praticata - di tenere congressi accompagnati da 
mostre. Il settimo congresso dell'ILAB ebbe luogo a Milano dal 27 
settembre al 1° ottobre 1953 e fu organizzato dal Circolo; ne troviamo 
ampia notizia sulla rivista "Accademie e Biblioteche d'Italia": «Gli 
argomenti dibattuti nel recente congresso di Milano, sotto la presidenza
 del sig. Georges Blaizot di Parigi, dai numerosi delegati di ogni paese
 sono stati molteplici: rileviamo quello della compilazione, ora già 
avanzata di un dizionario settilingue dei termini e abbreviazioni in uso
 nel linguaggio bibliografico: di particolare importanza inoltre la 
discussione circa i modi di ottenere una maggiore uniformità nelle 
disposizioni dei vari Paesi regolanti l'esportazione e l'importazione 
del libro.».
Il "Circolo dei Librai Antiquari Italiani" che 
contava, rispetto ai maggiori Paesi un numero esiguo di membri, si 
assoggettò volontariamente a non lievi sacrifici affinchè fosse fatto 
onore agli ospiti, non meno di quello che era avvenuto nei precedenti 
congressi a Copenhagen, a Londra, a Parigi, a Bruxelles e a Ginevra. Il 
benvenuto fu dato dal presidente del "Circolo" [Cesare Olschki?] in 
francese, in inglese e in italiano nella bellissima Sala del Circolo al 
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica; seguì la visita a 
un'esposizione di manoscritti preparata appositarnente, nella Biblioteca
 Trivulziana, dalla dott.ssa Santoro, una visita serale alla Pinacoteca 
di Brera dietro la scorta della direttrice Dott.ssa Wittgens, un 
ricevimento del Sindaco di Milano. ».
Per l’XI Congresso 
dell'ILAB (Monaco, 16-20 settembre 1957) viene realizzato dal Circolo un
 numero speciale del "Bollettino" (all'epoca pubblicato a Torino e 
diretto da Ada Peyrot) in cui troviamo un esplicito riferimento alle 
difficoltà interne che, a un decennio dalla fondazione, affliggevano 
l'associazione: «La vie du "Circolo" - vi si legge - n'a pas toujours 
été facile, car il a été en but nombreuses incompréhensions. Toutefois 
il comprend maintenant la majeure partie des libraires antiquaires 
d'Italie, et ne cache plus son expérance de devenir, dans un prochain 
avenir, l'Association de tous ceux qui, dans notre Pays, s'occupent de 
livres anciens et d'occasion». Nell'arco dì dieci anni le librerie 
associate eran salite da 21 a 35 con una crescita tutto sommato lenta e 
circoscritta che non riflette il forte rilancio del settore antiquario 
avvenuto in quegli anni.
Varie fonti attestano, sul finire degli 
anni Cinquanta e agli inizi degli anni Sessanta, un evidente sviluppo 
del settore dopo la crisi della seconda guerra mondiale: lo confermano 
la ripresa delle aste librarie, la comparsa di pregevoli cataloghi di 
vendita, le diverse e nuove iniziative. Al riguardo una testimonianza 
autorevole è offerta da Rodolfo De Mattei che già nel ‘55 percepiva 
chiari segnali di un recupero del mercato del libro "vecchio": «Come da 
sottoterra, zitto zitto, buono buono, il libro "vecchio" è risbucato 
fuori, riappare tra noi, rifà capolino in piazza, bussa alla nostra 
porta, raggiunge il nostro tavolo, si mescola ai libri nuovi (e perfino 
molti ne scansa), per prendere posto e spicco fra i nostri oggetti 
familiari. Dove si fosse rifugiato, nascosto, eclissato nei torbidi e 
accidentati anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, è impossibile
 dire, ma è già significativo, ed è importantissimo, il fatto che il 
libro "vecchio" sia ricomparso, che le librerie antiquarie d'Italia 
abbiano già ripreso quella loro funzione che è anche missione: la 
missione di riaccostarci alle fonti del passato, di ricongiungerci con 
antichi testi, atti, per avventura a dare alimento e stimolo al nostro 
spirito inquieto. Lasciamo dunque che il libro "vecchio" ritorni. é un 
perenne "grande ritorno" che non può non essere foriero di buoni frutti.
 Lasciamo che dalle varie regioni d’Italia, dalla Sicilia come dal 
Piemonte, dal Lazio come dalla Romagna, dalla Liguria come dal Veneto, i
 silenziosi librai antiquari mandino i loro bollettini, spesso 
commentati, illustrati e divisi per sezioni alla cerchia, certo non 
vastissima, ma neanche troppo ristretta, di amatori del libro raro.».
Aprono
 nuove librerie e i cataloghi di vendita sembrano moltiplicarsi («ogni 
giorno ricevo una media di tre cataloghi di libri antichi» scrive G.L. 
al "Bollettino" del Circolo nel maggio 1960); il mercato in crescita 
alimenta le rubriche di desiderata sulle varie riviste del settore quali
 "Il Corriere Librario" (nato a Roma nel 1946) e "L'informatore 
librario" (iniziato a Bologna nel 1949). Nel 1958 esce a Roma "Il 
Gazzettino Librario", direttore responsabile Francesco Scala: come le 
altre due riviste il mensile è soprattutto dedicato alle richieste e 
offerte di libri (nel '61 gli inserzionisti sono circa 70), cui si 
aggiungono articoletti e rubriche di modesta portata (alcune fisse, come
 "Le pubblicazioni ricevute", altre occasionali come quella dedicata a 
"Il libro antico e la sua tenninologia"). Quando nel febbraio 1962 
l'Associazione Librai Italiani sospende la pubblicazione del 
"Bollettino" quale supplemento alla propria rivista di categoria, il 
Circolo decide di appoggiarsi al "Gazzettino Librario" che aveva offerto
 la sua convinta collaborazione: a partire da quell'anno cessa perciò la
 rivista ufficiale, il "Bollettino", ma troviamo su ogni numero del 
"Gazzettino" l'elenco aggiornato e dettagliato delle librerie consociate
 (attualmente riportate in apertura di fascicolo) e il "Notiziario" 
dell'associazione, oggi limitato al calendario degli appuntamenti 
internazionali, ma che in passato ospitava i verbali delle assemblee 
generali, i programmi dei congressi dell'ILAB ed altre notizie utili per
 i soci, configurandosi come l'unica seppure scarna fonte sulla vita 
dell'associazione. Uno spazio costante sul "Gazzettino" era riservato 
alle norme in materia di esportazione, come pure agli adempimenti 
connessi all’IGE o all’IVA: offrire ai soci un punto di riferimento e di
 informazione in materia legislativa e fiscale ha rappresentato infatti 
l'impegno primario dell'associazione che si è sempre proposta come 
interlocutrice delle autorità amministrative o fiscali anche in difesa 
degli interessi della categoria. Si segnala, a titolo d'esempio, 
l'azione svolta in occasione dell'approvazione della legge sull’IVA nel 
1970: dopo avere inviato al Ministro delle Finanze e alle competenti 
Commissioni parlamentari una relazione sulle istanze della categoria, 
l'associazione si rivolse alla Presidenza del Consiglio presentando un 
pro memoria («sulla tutela del commercio librario, tramite certo di 
cultura, minacciato dal 18% di prossima IVA») e una documentazione sulle
 aliquote IVA negli altri paesi del MEC (oscillanti tra il 4 e il 7.5%);
 un ulteriore memoriale venne trasmesso anche al Senato. «é 
inconcepibile - vi si legge - che, in un Paese così ricco di tradizioni 
civili e culturali, il libro d'occasione e antico, strumento di cultura e
 di studio venga equiparato nella tassazione agli oggetti di lusso e 
voluttuari, quali i gioielli, le pellicce e i liquori.». Grazie a questa
 azione pressante il Senato, nella seduta del 6 agosto, approvava un 
emendamento a favore del Libro antico riducendo l'aliquota IVA dal 18 al
 6%; il senatore Pietro Bargellini, che aveva sostenuto l'associazione, 
venne eletto socio onorario. 
Le pagine del "Gazzettino" 
registrano anche l'evoluzione della struttura associativa: il 2 maggio 
1971 l'assemblea generale dei soci approva una nuova denominazione e il 
Circolo dei Librai Antiquari si trasforma in Associazione dei Librai 
Antiquari d' Italia. La nuova denominazione rispecchia una volontà di 
trasformazione da ristretto circolo di librai in prevalenza 
centrosettentrionali, in vera associazione di categoria su base 
nazionale. Dal 1972 la sede, che prima era stabilita presso il 
presidente eletto, viene fissata a Firenze (in via Jacopo Nardi 6, dove 
sin dal 1971 si era trasferita la redazione del "Gazzettino Librario"). 
Lo statuto dell'Associazione (modificato nel 1963 e nel 1973) 
circoscrive ora più realisticamente l’impegno assiciativo alle finalità 
di «coordinare tutti gli sforzi e le iniziative per lo sviluppo ed il 
progresso del commercío della libreria antiquaria. Stringere legami 
amichevoli e di solidarietà tra i librai del mondo intero. Diffondere la
 conoscenza e l'apprezzamento del libro antico. Curare gli interessi 
della categoria».
A fronte di un impegno così limitato si assiste
 negli anni Settanta e Ottanta a un maggiore dinamismo 
dell'associazione: vengono diramate regolari circolari di informazione 
sulle norme fiscali e doganali (viene anche progettato un prontuario di 
guida nei rapporti con gli uffici fiscali e doganali); viene potenziata 
l'azione di informazione sui furti librari; viene istituito un Premio 
Annuale di Bibliografia «da assegnarsi al compilatore italiano di 
un'opera bibliografica meritevole» (attribuito nel 1972 a Ada Peyrot, 
nel 1973 a Paolo Arrigoni e nel 1974 ad Alberto Vigevani) in seguito 
soppresso; viene potenziata l'organizzazione o la partecipazione a 
mostre librarie (nel 1971 si svolge a Firenze la prima mostra collettiva
 patrocinata dall'ALAI, L'Italia descritta e illustrata dal xi, al xa 
secolo). Questo dinamismo trae alimento anche dalla progressiva crescita
 dell'Associazione: dai 40 soci del 1962 si passa ai 55 del 1971, ai 61 
del 1985, agli 80 del 1988 fino agli oltre 100 soci attuali: indizio di 
una sostanziale salute del commercio antiquario, nonostante le 
ricorrenti denunce di "rarefazione" e di crisi del mercato. Il successo 
anche internazionale della Mostra del Libro Antico di Milano (promossa 
nella sua prima edizione proprio dall'ALAI e dalla redazione di 
"L’Esopo"), giunta nel 1997 alla sua VII edizione, sembra confermare il 
buon livello della libreria antiquaria italiana. Una maggiore attenzione
 alla serietà dei membri e un più forte richiamo alla competenza 
professionale caratterizzano l'impegno attuale dell'Associazione. 
L’ultimo statuto approvato dall'assemblea generale il 16 maggio 1993, 
prevede maggiori garanzie per l'ammissione di nuovi soci e istituisce 
tra gli organi dell'ALAI anche un collegio di probiviri. Ma soprattutto 
si modificano, in modo significativo, le finalità statutarie: 
«L’Associazione ha i seguenti scopi: coordinare tutti gli sforzi e le 
iniziative per sviluppare il commercio del libro raro e di pregio, 
antico e moderno, improntandolo a criteri di serietà e di competenza 
professionale . Tutelare la dignità professionale della categoria dei 
librai antiquari. Stringere legami amichevoli e di solidarietà tra 
librai del mondo intero. Diffondere la conoscenza e l'apprezzamento del 
libro antico. Curare gli interessi della categoria. Collaborare con i 
preposti organi dello Stato, delle Regioni e dei Comuni alla tutela, 
conservazione e arricchimento del patrimonio bibliografico nazíonale.».
Flavia Cristiano, da L'oggetto libro '97, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 1997.
 
L'attività culturale dei Librai Antiquari nel corso dei secoli
Vorrei
 fare l’elogio, in questo breve intervento, alle librerie antiquarie di 
tutto il mondo, specialmente di quelle (e non sono poche in Italia) che 
nell’esercitare il commercio librario svolgono una costante, 
intelligente e proficua attività culturale, promuovendo mostre di libri e
  stampando accurati cataloghi, molto apprezzati non soltanto dai 
bibliofili, ma anche dai bibliotecari; pubblicazioni, queste, 
interessanti e di piacevole lettura, che si accreditano talvolta fra i 
più autorevoli repertori bibliografici.
L’attività commerciale e 
culturale dei librai antiquari affonda le sue radici in un lontano 
passato. Duemilacinquecento anni or sono, infatti, nella Grecia di 
Pericle, il libraio (bibliopòles) già svolgeva la sua apprezzata 
professione, assumendo la triplice funzione di scrittore, di copista e 
di venditore di libri, procurando ai bibliofili dell’epoca rari testi 
delle opere di Omero, di Alceo, di Anacreonte o dei protofilosofi 
presocratici. Nell’antica Roma, ai tempi di Augusto, nelle Tabernae 
Librariae  dell’Argileto (un vicus  vivace ed affollato che si estendeva
 dalla Suburra al foro di Cesare), filosofi, grammatici, poeti e altri  
amatores librorum  si accalcavano davanti alle liste di libri in vendita
 affisse agli stipiti della porta, contendendosi,  a caro prezzo ,i 
volumina più rari e ricercati.
In tempi più recenti, dopo 
l’introduzione della stampa che risale, come è noto, al 1453; epoca in 
cui Gutenberg stampò a Magonza il primo libro (la celeberrima Biblia 
latina, il commercio librario ebbe un grandissimo sviluppo, estendendosi
 rapidamente e capillarmente nei grandi e piccoli centri di tutta 
l’Europa. Ad agevolare una maggiore diffusione dei libri contribuirono 
efficacemente i cataloghi, stampati e divulgati dagli stessi 
editori-stampatori che svolgevano quasi sempre anche il ruolo di librai.
 Vorrei ricordare (e ci tengo molto come raccoglitore di edizioni Aldine
 e come direttore di un’associazione di bibliofili che si chiama Aldus 
Club) che il primo catalogo di libri stampati uscì (ai primi di ottobre 
del 1498) dai gloriosi torchi dell’Officina Tipografica di Aldo Manuzio e
 presentava le stesse caratteristiche dei cataloghi moderni. Aveva un 
titolo : Libri graeci impressi , ed elencava ordinatamente descritti in 
cinque classi (Grammatica, Poetica, Logica, Philosophia e sacra 
Scriptura), una serie di volumi stampati dal 1495 al 1497 “in Aedibus 
Aldi Romani”. A questo protocatalogo editoriale, imitato subito da altri
 stampatori italiani e stranieri seguirono,  distanziati nel tempo (fino
 al 1592), altri cinque Indices librorum, pubblicati da Aldo e dai suoi 
figliuoli.
Sono trascorsi cinquecento anni da quando Aldo 
Manuzio, il grande umanista che sognava di rigenerare la società 
attraverso la cultura, iniziò la sua faticosa missione educatrice, 
stampando e divulgando, anno dopo anno, nell’arco dei quattro lustri 
della sua intensa attività, accurate, elegantissime edizioni delle opere
 dei grandi filosofi e poeti dell’antichità classica e dei primi secoli 
della nostra letteratura. Furono tempi difficili quelli in cui visse e 
operò Aldo, anni travagliati da guerre devastanti e sanguinose, 
combattute tra Francia e Spagna sul suolo italiano. Nel novembre del 
1494, mentre il generoso tipografo stampava il suo primo libro, 
l’Erotemata   di Costantino Làscaris, la soldataglia di Carlo VIII 
saccheggiava, a Firenze, la preziosa  biblioteca di Lorenzo il 
Magnifico. Più tardi, nel 1499, mentre uscivano dai suoi torchi le 
splendide pagine del libro più bello di tutti i tempi, L’Hypnerotomachia
 Poliphili,  Massimiliano Primo invadeva il territorio della 
Serenissima, mettendo a ferro e fuoco il Friuli. “Se si maneggiassero 
più libri che armi  - scriveva a un amico nel 1503, Aldo Manuzio -  non 
si vedrebbero tante stragi e tanti misfatti, tante  brutture, tanta 
insipida lussuria”, e, nella prefazione al Pindaro (nel 1503), 
biasimando il servilismo e l’ipocrisia imperanti dei suoi tempi, si 
avvale di alcuni efficaci versi di Omero per fustigare i vili che non 
hanno il coraggio e l’onestà morale di esprimere liberamente il loro 
pensiero.
Sono trascorsi cinque lunghi secoli, ma il sogno di 
Aldo resta ancora un’utopia. L’uomo, insensibile alle lezioni di 
Aristotele e di Platone, di Virgilio e di Lucrezio, di Francesco 
d’Assisi, di Dante e di Voltaire, continua a disonorarsi nell’odio e 
nella crudeltà, nell’egoismo e nell’ipocrisia. Tuttavia, il civile 
messaggio di Aldo Manuzio e degli altri grandi Maestri del passato non 
ha perduto la sua validità. Oggi, ancora più che nel passato, è 
necessario adoperarsi, attraverso la cultura (quella vera) per difendere
 dall’abulia e dal cinismo dilaganti, la libertà, la verità e gli altri 
valori fondamentali dell’uomo.
L’unico baluardo contro la 
barbarie,  ieri come oggi, è rappresentato dai libri, dai buoni libri,  
ed io ritengo che le librerie antiquarie del nostro paese, che spesso si
 caratterizzano come veri e propri centri di cultura,  svolgono un 
importante, insostituibile ruolo nella promozione e la diffusione dei 
testi basilari del patrimonio letterario, artistico e scientifico 
dell’umanità. Sono luoghi di incontro, le librerie antiquarie, proficui 
alla conversazione,  al dialogo, all’amicizia, a una maggiore 
comprensione fra la gente, Se entrate in una di queste nobili botteghe, 
aperte ai ricchi e ai poveri, agli scrittori di chiara fama e allo 
studente squattrinato, il libraio,  il vero libraio (vale a dire quello 
che ama i libri con la stessa passione dei suoi clienti), vi accoglierà 
con simpatia e vi mostrerà volentieri,  se glielo chiedete, i suoi 
tesori: incunaboli, edizioni aldine e bodoniane, prime edizioni di 
Foscolo, Manzoni, Leopardi, risvegliando in voi sentimenti di amore e 
rispetto verso il più nobile prodotto dell’intelligenza umana: il Libro.
Mario Scognamiglio
Il catalogo di un libraio
Il
 catalogo di un libraio antiquario deve rappresentare soprattutto la 
prova tangibile di quello che è il nostro lavoro quotidiano 
sull’oggetto-libro: uno studio approfondito del testo, dell’edizione e 
dell’esemplare, che prescinde dalle implicazioni strettamente 
commerciali. Un qualsiasi catalogo di vendita di un libraio antiquario 
costituisce comunque un formidabile strumento di cultura, in grado di 
suscitare curiosità non solo nel bibliofilo ma anche in un semplice 
lettore, ed, in questo periodo di diffusione dei supporti informatici, 
vorrei che fosse attribuito un giusto riconoscimento alla funzione 
culturale da noi svolta.
La figura del mercante è infatti spesso 
vista con una certa diffidenza, ma è indubbio che, nei secoli, i librai 
hanno avuto un ruolo fondamentale nella conservazione dei manoscritti e 
dei libri: hanno contribuito a salvare dall’oblìo e dalla deperibilità 
migliaia di volumi, grazie alle loro ricerche ed ai restauri 
commissionati; a diffondere la cultura e l’arte italiana nel mondo ed a 
reimportare in Italia tesori grandi e piccoli; ed hanno avuto un ruolo 
primario nella formazione di importanti raccolte private di studiosi e 
di collezionisti, prima smembrandole e poi ricostituendole in forma 
diversa; nonché nell’arricchimento delle formidabili biblioteche 
pubbliche di cui è ricco il nostro paese. Ritengo che le centinaia di 
cataloghi che i librai dell’ALAI pubblicano ogni anno contribuiscano a 
lasciare una traccia documentale di grande valore per studiosi, 
collezionisti e bibliotecari.
Per redigere in maniera adeguata un
 catalogo ci vuole una quantità esagerata di tempo, nonché una certa 
cultura, costanza, capacità di utilizzare i supporti bibliografici e di 
documentare le caratteristiche tipografiche delle edizioni antiche; ed 
ora anche la capacità di utilizzare i programmi di grafica e di 
impaginazione per rendere l’offerta più accattivante. Quando iniziai la 
mia avventura nell’antiquariato librario – e non parliamo della 
preistoria – i computer e gli scanner non si potevano neppure 
ipotizzare: i testi, dattiloscritti con i grassetti o i corsivi 
evidenziati a matita rossa o blu, venivano composti dal tipografo con la
 linotype; le illustrazioni erano riprodotte su cliché di zinco 
applicati su spessi blocchi di legno per essere inseriti nelle forme 
tipografiche.
Confrontando le descrizioni pubblicate in un bel 
catalogo con la schedatura che si riserva ad un libro per un’offerta su 
internet, non si può non notare come questa sia meno accurata e precisa 
anche dal punto di vista grafico, proprio per le caratteristiche 
effimere che comporta. La rivoluzione provocata oggi da Internet, è 
paragonabile soltanto all’invenzione della stampa, che quasi sei secoli 
orsono offrì al mondo una democratizzazione della cultura senza 
precedenti. Internet non solo sta cambiando la vita, offrendoci una 
moltitudine di informazioni e di fonti, la cui attendibilità è comunque 
da verificare, ma sta radicalmente cambiando anche il commercio 
librario: la proposta on-line di un grandissimo numero di titoli antichi
 o esauriti ha senza dubbio prodotto una maggiore trasparenza rispetto 
al passato. Leggendo i cataloghi antiquari di qualche anno fa, ci si può
 accorgere che spesso le nostre schede terminavano con l’affermazione  
“edizione rara”, oppure “introvabile”. Era più che legittimo domandarsi 
in che modo dimostrare che tale affermazione fosse oggettiva: l’unico 
modo poteva essere l’individuazione dell’indice di rarità di un 
edizione, che si misura nel rapporto tra l’ampiezza della tiratura 
iniziale e il numero di copie superstiti. Ora è assai più agevole: se 
nei vari motori di ricerca si trovano soltanto uno o due esemplari di 
quel dato libro, la sua definizione di rarità è oggettiva; qualora sia 
proposto in 5 o 10 esemplari, vuol dire che proprio raro in fondo non lo
 è.
Ma l’opportunità di sfogliare un catalogo cartaceo ben fatto è
 una sensazione non paragonabile alla digitazione di un titolo su un 
motore di ricerca: le orecchiette che posso fare per ricordarmi di un 
lotto interessante, le sottolineature per una collazione particolare, lo
 stesso odore della carta. Se interrogare Internet mi consente oggi di 
scovare, presso un libraio sconosciuto di un altro continente, un titolo
 che cercavo da anni, la compulsazione di un catalogo mi consente 
tuttora di venire a conoscenza di libri di cui non immaginavo neppure 
l’esistenza. Se mi si permette il paragone, è una sorta di prova della 
teoria Kantiana della conoscenza: “non è l'esistenza a determinare la 
conoscenza di qualche cosa”, come sostenevano gli empiristi, bensì “la 
conoscenza a determinarne l'esistenza”: quel libro antico viene ad 
esistere – per me – soltanto nel preciso momento in cui leggo su un 
catalogo che, secoli fa, qualcuno l’ha scritto e pubblicato.
Infatti
 un volume antico è, per definizione, un oggetto difficile da esporre: 
il catalogo è a mio parere una vera e propria vetrina del libraio 
antiquario, che ne esprime le conoscenze, le capacità e la serietà. 
Oltre a costituire una garanzia per il cliente, che ha il diritto di 
conoscere con precisione le ragioni per cui quel determinato esemplare 
dovrebbe valere cento o mille euro, perché è una edizione originale, 
oppure perché la ristampa è stata curata da un qualche autorevole 
critico, o perché è in legatura originale o brossura editoriale, o 
ancora perché è stata annotata o dedicata dall’autore. Ritengo che 
l’insieme dei cataloghi di una libreria costituisca un vero e proprio 
testamento spirituale del libraio, la storia della sua vita, di come ha 
saputo – citando Montroni - “vendere l’anima”.
È un peccato ad 
esempio, che un grande libraio italiano recentemente scomparso non abbia
 mai pubblicato nulla, perché le sue notevoli conoscenze bibliografiche,
 le sue scoperte, sono rimaste un fatto privato tra lui e l’acquirente 
di quel libro. Ma, allo stesso tempo, la mancata condivisione 
dell’informazione con i bibliografi ed i colleghi, non ha neppure 
consentito di verificare la veridicità delle affermazioni di quel 
libraio. Il libro è per sua definizione un multiplo, quindi la 
pubblicazione di una informazione bibliografica, una collazione 
particolare, una scoperta inedita  può e deve essere utile al confronto 
con altri esemplari.
Il catalogo rappresenta inoltre per me un 
alibi, che mi rende meno doloroso il distacco da quei libri che amo 
particolarmente, e sono costretto a vendere per poterne acquisire degli 
altri. Averne fatto uno studio, ed averne pubblicato la descrizione su 
uno dei miei cataloghi, fa sì che quel determinato esemplare, con quella
 legatura, con quelle note di possesso, quelle gore d’acqua e quei 
tarli, resti comunque per sempre anche un po’ mio, indipendentemente dai
 passaggi di proprietà che potrà fare in futuro. Mio nonno pubblicò il 
primo catalogo quasi novant'anni fa: il libro più caro, un incunabolo 
figurato, era prezzato ben 650 lire. Quel listino dimesso del 1921 è 
tuttora per me un talismano, una sorta di monetina Numero Uno di 
Paperone.
Il libraio non smette di essere tale quando la sera 
chiude la sua bottega: il tempo del suo lavoro è la sua stessa vita, con
 l'abitudine alla ricerca bibliografica, alla conservazione del libro, 
alla rivalutazione di quanto ancora è poco noto o dimenticato, con una 
passione che va ben oltre il valore economico dell'oggetto. Insomma, 
come l’amico Alessandro Bergonzoni anche noi librai antiquari siamo 
favorevoli agli interventi di chirurgia etica, piuttosto che estetica e 
siamo certi che la lettura di un di un bel catalogo d’antiquariato sia 
per tutti un’ottima occasione per rifarsi il senno!
Umberto Pregliasco