Classici Italiani
La ricchezza come fattore di coesione sociale - 1498

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

La ricchezza come fattore di coesione sociale - 1498

PONTANO, Giovanni (1429-1503). De liberalitate. De beneficentia. De magnificentia. De splendore. De conviventia. (Napoli, Johannes Tresser e Martinus de Amsterdam, 17 luglio 1498).

 

PRIMA EDIZIONE dei cinque trattati che Giovanni Pontano dedicò alle virtù sociali con particolare riguardo all’impiego del denaro. Dopo aver promesso di approfondire l’argomento, discusso solo marginalmente, nel De principe del 1468, egli si accinse all’impresa componendo, fra il 1490 e il 1493, queste cinque opere, che sono in realtà cinque parti di un unico, organico testo.

Esse affrontano da più punti di vista il tema della liberalità e le virtù ad essa correlate (magnanimità, onore, libertà, benevolenza). L’autore distingue la figura del liberale, ossia di colui che dona ai bisognosi spontaneamente e gratuitamente, dal magnifico, ossia da colui che ama circondarsi di magnificenza, convivialità e lusso. Entrambi sono tuttavia accumunati dal denaro, mentre il benefico, ossia colui che esercita la beneficenza, pur essendo vicino al liberale, se ne distingue perché la sua azione non implica necessariamente il denaro.

Pontano dimostra di accettare la ricchezza come un valore positivo, se acquisita con mezzi leciti, e ritiene doveroso per chi la detiene di occuparsi del benessere dei propri concittadini. Da un confronto con la pratica commerciale emerge che la liberalità, secondo l’autore, è essenzialmente un fattore di coesione sociale.

Giovanni Pontano nacque a Cerreto nelle vicinanze di Spoleto. Compiuti gli studi a Perugia, città di cui lo zio Tommaso era cancelliere, nel 1447 entrò alla corte napoletana di Alfonso I. Divenuto membro, con il nome di Gioviano, della cerchia di letterati che ruotava intorno al Panormita (Antonio Beccadelli), egli studiò astrologia con Lorenzo Bonincontri e greco sotto Giorgio da Trebisonda e Gregorio Tifernate. Nel 1471 fu nominato cittadino napoletano e assunse la direzione del circolo letterario, che fu ribattezzato in suo onore Accademia Pontaniana e del quale entrarono a far parte giovani umanisti e poeti come Pietro Summonte e Jacopo Sannazaro.

Parallelamente portò avanti una brillante carriera politica, rivestendo le cariche di tutore, segretario, consigliere e diplomatico. Quando i Francesi nel 1495 conquistarono il Regno di Napoli, egli si schierò apertamente con i nuovi arrivati. Questo tuttavia gli costò il posto quando, poco dopo, gli Aragonesi fecero ritorno in città. Egli dedicò gli ultimi anni di vita a completare i suoi scritti, che comprendono opere poetiche, filosofiche ed erudite. La morte lo colse a Napoli nel 1503.

Pontano compose vari versi d’amore in latino (Amorum libri, Eridanus, Lepidina), inni religiosi (De laudibus divinis), il poemetto astro logico Urania , dialoghi satirici in prosa (Charon, Antonius, Asinus), trattati politici (De principe, De oboedientia), nonché discorsi filosofici (De fortuna, De prudentia, Aegidius), storici (De bello neapolitano) e storico-letterari (De sermone, Actius).

Egli fu uno dei più influenti umanisti del Quattrocento. Le sue opere vennero edite numerose volte nel corso del secolo successivo, per lo più in edizioni collettive. L’edizione più corretta e completa dell’Opera omnia di Pontano è quella approntata da Heintich Petria Basilea nel 1556.

 

Descrizione fisica. Un volume in 4to di cc. 112 non numerate. Si tratta dell’unico libro uscito dai torchi di Johannes Tresser e Martinus de Amsterdam.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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