Classici Italiani
L'eroe dei due mondi - 1888

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

L'eroe dei due mondi - 1888

GARIBALDI, Giuseppe (1807-1882). Memorie autobiografiche . Firenze, G. Barbera, 1888.

 

PRIMA EDIZIONE della redazione definitiva delle Memorie di Giuseppe Garibaldi.

Composte a partire dal 1850 circa, nella loro prima versione esse vennero affidate dall’autore ad alcuni amici stranieri, ossia Theodor Dwight, Alexandre Dumas père e Speranza von Schwartz. Questi decisero di tradurle e pubblicarle, inserendovi aggiunte di propria mano e compiendo vari rimaneggiamenti. Tra il 1859 e il 1861 videro così la luce la prima edizione in inglese (New York, 1859), la prima in francese (Parigi, 1860) e la prima in tedesco (Amburgo, 1861), nonché numerose edizioni in italiano basate sul testo francese. Nel frattempo Garibaldi riprese a lavorare all’opera sul manoscritto originale da lui affidato alla Schwartz nel 1855 e da questa restituitogli poco tempo dopo. Vi mise mano tra il 1859 e il 1860 e poi nuovamente nel 1872, data a cui risale l’ultima revisione. Gli avvenimenti narrati si concludono infatti col rientro di Garibaldi a Caprera nel 1871 dopo la sua partecipazione alla guerra franco-prussiana. Tra il 1859 e il 1888 le Memorie furono ristampate per oltre quaranta volte e tradotte in più di dieci lingue.

Giuseppe Garibaldi fu una figura per molti versi straordinaria. Dotato di una forte coscienza democratica e animato sin dal precoce incontro con alcuni seguaci delle dottrine di C.-H. de Saint-Simon dal desiderio di vedere affermati i valori della libertà e della solidarietà, egli fu un eccezionale combattente ed uomo politico che spese la propria vita nel sostegno dei popoli in lotta per la propria indipendenza. L’impegno militare e sociale furono per lui sempre prioritari. Non cercò mai, anzi rifiutò onori e ricompense. Carico di gloria per le imprese sudamericane e poi per quella dei Mille, egli godé in tutto il mondo di una fama incredibile.

Considerato un uomo disinteressato, generoso ed incorruttibile, fu anche un abilissimo stratega militare, in grado, grazie al proprio carisma, di tirare fuori il massimo dai propri soldati e di ottenere l’appoggio incondizionato da parte delle popolazioni locali per le quali si trovò a combattere. Persino Abramo Lincoln lo invitò a prendere parte, in qualità di generale, alla guerra civile americana per l’abolizione della schiavitù.

Passionale ed istintivo, egli ripudiò le ideologie e si appellò sempre al pragmatismo. In questo senso riconobbe la necessità, in momenti particolarmente critici, di appoggiarsi ad un’autorità forte e in grado di prendere decisioni rapide. La sua scelta di collaborare con l’esercito piemontese e di affidare ai Savoia la guida dell’unificazione italiana lo mise in collisione con Giuseppe Mazzini, che Garibaldi considerava troppo ideologizzato. Spirito profondamente laico, egli si contrappose anche alla politica filo-francese e filopapale di Cavour, facendo della distruzione del potere temporale della Chiesa uno dei crucci maggiori della sua vita.

Amatissimo dalle donne (si sposò per ben tre volte ed ebbe numerose amanti), dopo l’Unità d’Italia tornò fuori in lui l’insofferenza per le istituzioni e per le ambiguità della politica. Negli ultimi anni si avvicinò al pensiero socialista e aderì all’Internazionale. Il suo tentativo di rianimare la sinistra italiana si tradusse nel 1879 nella fondazione della Lega della democrazia, che ebbe come obiettivi prioritari il suffragio universale, l’istruzione elementare obbligatoria, laica e gratuita per tutti e la tutela dei diritti civili e della libertà di coscienza. Oltre alle Memorie, egli compose poesie e scrisse vari romanzi di grande successo, tra cui I Mille (Milano, 1874).

Nato a Nizza, Garibaldi cominciò in giovane età un’avventurosa vita da marinaio mercantile. Compì numerosi viaggi nel Mediterraneo e visse per tre anni a Istanbul. Nel 1833 aderì alla Giovine Italia di Mazzini. Dopo il fallimento del moto insurrezionale di Genova, nel 1835 si imbarcò sotto falso nome e giunse a Rio de Janeiro. In Brasile e poi successivamente in Uruguay, dove nel 1843 fondò una Legione italiana di seicento uomini, combatté per le popolazioni locali, acquisendo fama di abile condottiero.

Nel 1848, insieme alla moglie brasiliana Anita e ai figli, sbarcò come una celebrità in Italia, prendendo parte alla guerra d’indipendenza tra le file dell’esercito sardo. Nella strenua difesa della Repubblica Romana egli scrisse una delle pagine più gloriose del nostro Risorgimento.

Deluso da Mazzini e dai Piemontesi, triste per la morte della moglie, avvenuta a Comacchio durante la fuga dagli Austriaci nel 1849, egli decise di lasciare l’Italia e s’imbarcò per gli Stati Uniti. A New York visse nell’ombra, facendo lavori umili insieme all’amico Antonio Meucci, il celebre inventore del telefono. Continuò a vagabondare tra Nord e Sud America fino al 1853. L’anno seguente incontrò Mazzini a Londra e nel 1856 di nuovo in Italia comprò con i soldi ereditati dal fratello una tenuta nell’isola di Caprera, che da allora fino alla morte divenne il suo rifugio personale.

Nella guerra del 1859 gli fu conferito il grado di generale dell’esercito piemontese. Trascinato di successo in successo, l’anno successivo maturò l’idea della spedizione dei Mille. Sbarcato a Marsala l’11 maggio del 1860, il 7 settembre entrò da trionfatore a Napoli. Fermato prima che potesse giungere a Roma, negli anni seguenti egli tentò più volte con un colpo di mano di conquistare Roma. In un’occasione fu persino ferito da un colpo sparato dalle truppe regolari sabaude sull’Aspromonte. Nel 1867 partecipò alla liberazione del Veneto. Nel 1870 dopo la caduta di Roma e la morte di Napoleone III, accorse in Francia per difendere la neonata repubblica dall’attacco prussiano. Nel 1875 visse per un periodo a Roma. Ormai paralizzato e costretto su di una carrozzella dall’artrite, morì a Caprera il 2 giugno del 1882. La notizia della sua morte fece il giro del mondo, suscitando grande clamore.

 

Descrizione fisica. Un volume in 16mo grande di pp. (4), 489, (3). Uscì nella collezione “Piccola biblioteca del popolo italiano”. Sulla prima pagina firma di autentica di Menotti Garibaldi.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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