Classici Italiani
Il primo libro di imprese - 1559

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

Il primo libro di imprese - 1559

GIOVIO , Paolo (1483-1552)DOMENICHI, Ludovico (1515-1564). Dialogo dell’imprese militari et amorose di monsignor Giovio vescovo di Nocera; con un Ragionamento di messer Lodovico Domenichi, nel medesimo soggetto. Lione, Guillaume Rouillé, 1559.

 

PRIMA EDIZIONE ILLUSTRATA. Il Dialogo del Giovio, composto tra l’agosto e il settembre del 1551, fu donato in esemplare di dedica a Cosimo I, mentre un’altra copia manoscritta fu trasmessa dallo stesso Giovio a Ludovico Domenichi, suo collaboratore a Firenze ed interlocutore del Dialogo.

Dopo la prima scorretta edizione romana di Antonio Barré (1555), Girolamo Ruscelli nel febbraio del 1556 ne curò una seconda edizione, corredandola di un suo lungo discorso, che riprende sostanzialmente il testo dell’edizione romana. Il Domenichi decise allora di dare alle stampe (Venezia, Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1556) un’edizione più corretta ed attendibile, basata sul manoscritto in suo possesso, nella quale aggiunse un suo Ragionamento, in realtà un dialogo che lo vede interloquire con Pompeo della Barba e Arnoldo Arlenio. Poco tempo dopo Guillaume Rouillé ristampò il Dialogo , unitamente al Ragionamento del Domenichi, ricordando nella dedica che l’edizione gli era stata commissionata alcuni anni prima dallo stesso Domenichi, il quale probabilmente aveva preso accordi sia con Giolito che con il tipografo lionese.

Si tratta del primo trattato sull’impresa, un genere intermedio fra arte e letteratura, nato intorno alla metà del secolo, in cui il nodo armonico di un motto e di una figura esprime simbolicamente un pensiero, una linea di condotta o una qualità di una persona o di un gruppo di persone (ad esempio le accademie). L’impresa si distingue dall’emblema, perché in essa il testo non è semplice commento alla figura, ma elemento determinante per la comprensione del significato nascosto.

Sul finire del Cinquecento, quella delle imprese divenne una vera propria moda: non vi era gentiluomo, condottiero o letterato che non avesse ed esibisse in società un’impresa personale. Esse rappresentavano una sorta di biglietto da visita, che metteva in risalto nello stesso tempo la qualità determinante della persona e la sua abilità concettuale nell’esprimerla.

Dal Dialogo del Giovio discenderanno tutti i successivi trattati sull’impresa: sia quelli di maggior impegno teorico, privi di illustrazioni, che si rifaranno in particolare all’edizione curata dal Ruscelli nel 1556, in cui sono approfonditi gli aspetti teorici dell’impresa e le sue differenze rispetto all’emblema; sia le grandi raccolte di imprese di personaggi illustri, spesso veri e propri monumenti tipografici, che trarranno spunto dal ricco materiale aneddotico ed esemplificativo presente nello stile discorsivo del Giovio e del Domenichi. In questo senso l’edizione di Rouillé del 1559 può essere considerata come l’antesignana di un genere librario che ebbe grande successo fino alla metà del Seicento. Dopo gli studi compiuti a Pavia e Padova sotto la guida di P. Pomponazzi, Paolo Giovio esercitò la professione medica a Como, sua città natale, ma ben presto preferì dedicarsi, seguendo la sua vera vocazione, alla raccolta di notizie e documenti storici. Viaggiò molto per l’Italia e per l’Europa. Nel 1513 si stabilì alla corte di Leone X. Nel 1519 accompagnò a Firenze il cardinale Giuliano de’ Medici, il quale, dopo l’elezione al soglio di Pietro, lo tenne presso di sé a Roma fino al 1527. Nel 1528 fu nominato vescovo di Nocera dei Pagani, ma continuò ad ricevere incarichi diplomatici e a compiere viaggi. Nel 1549 divenne vescovo di Como. Nel 1551 si trasferì a Firenze su invito di Cosimo I. Vastissima fu la sua produzione, prevalentemente in latino, e grandissimo fu il successo dei suoi scritti, stampati e tradotti innumerevoli volte in tutta Europa.

 

Descrizione fisica. Un volume in 4to di pp. 194, (10). Marca tipografica sul frontespizio. Ritratto dell’autore al verso del titolo. Con 102 figure emblematiche incise in legno nel testo. Carattere corsivo. Le figure hanno forma ovale e sono inserite in otto tipi differenti di cornici rettangolari. Esse, secondo Baudrier, rappresentano il primo lavoro commissionato da Guillaume Rouillé al così detto “Maître à la Chapeline”, da identificare probabilmente con l’artista Thomas Arande, attivo a Lione fra il 1552 e il 1561, che collaborò anche con Jean de Tournes.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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