Classici Italiani
La scoperta delle 'tube di falloppio' - 1561

Data 01/12/2020       Categoria Classici Italiani
Autore Admin

La scoperta delle 'tube di falloppio' - 1561

FALLOPPIO, Gabriele (1523-1562). Observationes anatomicae. Venezia, (Grazioso Percacino) per Marcantonio Olmo, 1561.

 

PRIMA EDIZIONE dell’unica opera pubblicata in vita da Gabriele falloppio. Frutto della lunga esperienza dell’autore, pioniere dell’anatomia comparata e dell’anatomia neonatale, essa raccoglie le osservazioni e le fondamentali scoperte da lui compiute.

In particolare, egli per primo descrisse il muscolo elevatore della palpebra superiore (inizialmente individuato durante la dissezione di una testa di foca e di una testa di bue); studiò la struttura dei vasi celebrali e dei nervi ottici; individuò negli organi riproduttivi femminili quei dotti seminali da lui ribattezzati “trombe”, che ancor oggi sono conosciuti come “tube di Falloppio”.

Pur non essendo corredate da figure (che l’autore aveva comunque in previsione di realizzare per un futuro trattato), le Observationes anatomicae sono caratterizzate da una tale precisione nelle descrizione anatomiche da rendere quasi superflue le immagini.

Gabriele Falloppio (o Falloppia), modenese, rimase orfano di padre a dieci anni. Grazie all’amicizia di Ludovico Castelvetro, che lo introdusse alle discipline umanistiche, entrò nel circolo (poi ribattezzato Accademia) che si riuniva nella spezieria del farmacista Antonio Grillenzoni, nel quale venivano discusse questioni letterarie e scientifiche. In odore di eresia, l’attività del gruppo venne definitivamente soppressa con editto ducale nel 1545 e gli aderenti, tra cui lo stesso Falloppio, furono costretti a sottoscrivere gli articoli di fede stilati dai cardinali Giovanni Morone e Jacopo Sadoleto.

Nel frattempo egli si dedicò da autodidatta allo studio della medicina, dei semplici (erbe e medicamenti) e dei “fossilia” (pietre, metalli, terre, ecc.). Cominciò in quegl’anni anche la pratica delle dissezioni, che eseguiva su animali e sul cadavere dei giustiziati. Nel 1544, dopo aver estratto le ossa con la tecnica della bollitura, preparò uno scheletro, assemblando le varie parti con del filo di rame.

Nel 1545, per completare la sua formazione, si recò probabilmente a Padova per seguire le lezioni di Realdo Colombo, allievo e successore di Andrea Vesalio nella cattedra di chirurgia. Fece tappa anche a Ferrara, dove si giovò degli insegnamenti di Antonio Musa Brasavola e fu incaricato di tenere un corso sui semplici per l’anno accademico 1547-’48. Tra il 1548 e il 1551, su invito di Cosimo I de’ Medici, insegnò anatomia a Pisa, dove sperimentò l’efficacia dell’oppio e strinse amicizia con Luca Ghini, fondatore del locale orto botanico (1547), uno dei primi del mondo, e con il suo allievo Bartolomeo Maranta. Insieme a questi ultimi, Falloppio compì varie escursioni nelle campagne pisane alla ricerca di piante ed erbe, ercando di identificarle sulla base del celebre trattato di Pedanio Disocoride.

Nel 1551 fu chiamato a Padova per ricoprire la cattedra che era stata del Colombo. L’anno seguente conseguì la laurea presso l’Università di Ferrara. Nell’ateneo patavino si legò di profonda amicizia con il semplicista Melchiorre Wieland, detto Guilandino, per il quale pagò un riscatto di duecento scudi pur di salvarlo dalle grinfie dei pirati che lo avevano rapito durante uno dei suoi viaggi di ricerca.

Per le sue doti umane fu amatissimo dai suoi studenti, tra i quali ricordiamo gli illustri medici Girolamo Fabrizi d’Acquapendente e Volcher Koyter. Negli ultimi anni i servigi di Falloppio, ormai celebre in tutta Italia, furono richiesti da alti prelati e da potenti uomini politici. Egli morì di polmonite nell’ottobre del 1562, mentre attendeva il trasferimento della cattedra a Bologna, ottenuta grazie all’interessamento dell’amico Ulisse Aldrovandi, allora lettore di filosofia presso lo studio di quella città.

Le lezioni accademiche del Falloppio furono raccolte dopo la sua morte dai suoi studenti e pubblicate in varie edizioni in Italia e all’estero. L’Opera omnia fu stampata per la prima a Francoforte e a Venezia nel 1584, poi di nuovo a Francoforte nel 1600. La più completa ed accurata delle edizioni antiche è considerata quella apparsa a Venezia nel 1606.

 

Descrizione fisica. Un volume in 8vo di cc. (8), 222, (1), 1 bianca. Marche tipografiche al titolo e in fine.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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