Italian Classics
Uno dei maggiori testi di memorialistica dell'Ottocento italiano - 1867

Data 01/12/2020       Categoria Italian Classics
Autore Admin

Uno dei maggiori testi di memorialistica dell'Ottocento italiano - 1867

D’AZEGLIO, Massimo (1798-1866). I miei ricordi. Firenze, Gasparo Barbera, 1867.

 

PRIMA EDIZIONE pubblicata postuma per le cure di Alessandrina Ricci d’Azeglio, figlia dell’autore. Tra le numerose carte lasciate incompiute dal D’Azeglio al momento della morte, avvenuta il 15 gennaio del 1866, i Ricordi, cominciati nel 1863 e condotti fino al racconto del celebre colloquio da lui avuto con Carlo Alberto di Savoia nel 1845, costituiscono sicuramente il documento più significativo. La figlia Alessandrina, su incarico del padre, li fece stampare il 20 dicembre del 1866. Le successive undici ristampe, apparse fino al 1880, sono tutte stereotipe.

L’opera riscosse grande favore per il suo stile parlato e fluido e per le frequenti digressioni storico-politiche sul carattere del popolo italiano, a proposito del quale D’Azeglio espresse la celebre frase: «pur troppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani».

Nato a Torino da una famiglia nobile e profondamente devota, Massimo d’Azeglio mostrò sin da giovanissimo scarsa propensione per la religione. Passò anzi i primi anni a condurre una vita scapigliata tra Torino, Firenze e Roma. In quest’ultima città nel 1820 decise di dedicarsi alla pittura, mostrando grande sprezzatura delle convenzioni sociali. Proprio da un quadro nacque l’idea di scrivere un romanzo storico, sul modello di quello del Manzoni, sul celebre episodio della disfida di Barletta, che il D’Azeglio, trasferitosi a Milano nel 1831 con lo scopo di imparare dal celebre scrittore (di cui da lì a poco sposò la figlia Giulia), reinterpretò in termini patriottici. Ettore Fieramosca uscì a Milano per tipi di Vincenzo Ferrario nel 1833, ottenendo un successo strepitoso, grazie soprattutto alla figura quasi fanciullesca di Fanfulla, per altro personaggio secondario.

Dal 1845 D’Azeglio cominciò ad occuparsi attivamente di politica, prendendo in mano la direzione del movimento liberale in Romagna. Nel 1847 approdò a Roma, dove ottenne un incontro con il neoeletto Pio IX e divenne l’anima del movimento moderato. Nello stesso anno, a Firenze, pubblicò la Proposta d’un programma per l’opinione nazionale italiana, in cui condensava tutto il suo operato di quel periodo, sostenendo l’indipendenza dell’Italia e spronando il papa alle riforme e Carlo Alberto all’azione.

Dopo il 1848, in cui combatté in prima persona, venendo ferito a Monte Berico vicino Vicenza, fu nominato presidente del consiglio dei ministri del regno sabaudo, carica che mantenne fino al ‘52, quando fu sostituito da Cavour.

Negli anni seguenti D’Azeglio continuò a rivestire ruoli politici e ad avere una certa influenza su Vittorio Emanuele II, di cui era stato il primo mentore politico. Tuttavia la sua posizione si andò sempre più allontanando da quella del re e del primo ministro, soprattutto perché egli riteneva prematura l’unificazione del nord con il sud e non concordava con il passaggio della capitale da Torino a Firenze, e tantomeno a Roma.

Dietro un’apparente trascuratezza e negligenza da artista, D’Azeglio fu uomo di profondi ideali etico-politici e la sua azione in quei delicati frangenti della storia italiana fu senz’altro decisiva.

 

Descrizione fisica. Due volumi in 16mo grande di pagine XIV, (2), 399, (1) + XI, (1), 492. In antiporta del primo volume ritratto dell’autore inciso in ovale da Lodovico Bigola. Alla fine del secondo volume si trova la Nota biografica ai ricordi di Massimo d’Azeglio, scritta dal genero dell’autore, il marchese Matteo Ricci.

F. Govi, I classici che hanno fatto l'Italia, Milano, Regnani, 2010






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