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Melville e Bergonzoni

Data 01/12/2020       Categoria Articles and Publications
Autore Admin

Melville e Bergonzoni

Voglio raccontare un aneddoto, tra verità ed assurda invenzione, delle scoperte a cui può portare il mestiere del libraio antiquario.
Non è più possibile trouvailles a prezzi ridicoli, ma si possono fare approfondimenti su provenienze, chiose e varianti tipografiche: benché sia un multiplo, il libro è quasi sempre un unicum: confrontando due esemplari, apparentemente identici, della stessa edizione, 90 volte su 100 si trovano delle differenze degne di nota.
Parliamo di libri e di balene.
Il secondo viaggio in Europa di Melville comincia l’11 ottobre del 1856 quando salpa da New York diretto a Glasgow. Incontra a Liverpool Hawthorne, allora console americano. Dopo essere andato in Palestina, effettua il suo personale Grand Tour in Italia, arrivando a Messina il venerdì 13 febbraio 1857. rimarrà in Italia fino al 15 aprile dello stesso anno, quando, partendo da Arona, si recherà in Svizzera. In quei due mesi visita Sicilia, Calabria, Napoli, Roma, Pisa, Firenze, Bologna, Ferrara, Padova, Venezia, Milano, Genova e Torino, a proposito della quale Melville scrive :
“Alle cinque e mezzo preso il treno per Torino. Son capitato con un greco di Cefalonia (suddito inglese). Arrivato a Torino alle nove di sera. Avventura con l’omnibus, facchini e Hotel de l’Europe. [...] 10 aprile, venerdì – Pioggia a dirotto. Prima colazione al caffé (un salone ottagonale dorato) in via Po. Passeggiata sotto le grandi arcate. Veduto il paesaggio fino alla collina. Visitata la galleria [...] Piazza Castello, dov’è l’albergo, è nel centro di Torino. Un complesso antico e interessante con vari fronti e una grottesca mescolanza di varie architetture. Torino è più regolare di Filadelfia. Le case son tutte d’un taglio, d’un colore, della stessa altezza. La città sembra tutta costruita da un solo imprenditore e pagata da un solo capitalista. Singolare l’effetto di starsene sotto gli archi del Castello osservando all’ingiù la vista di Via di Grossa fino al Monte Rosa e alle sue nevi. – Son riuscito a coglierlo non oscurato dalle nubi la mattina presto quando lascia Torino. I viali che girano attorno alla città. Molti caffé, alcuni belli. Lavoratori e donne di modesta condizione che prendono la loro frugale colazione nei bei caffé. Loro decoro, così differente dalla classe corrispondente di casa nostra. A sera è venuto sereno. Sono andato di nuovo giù al Po. Me ne sono stato sui gradini della chiesa. A letto presto. 11 aprile, sabato. – Tempo sereno. In piedi presto per vedere il Monte Rosa dalla strada. L’ho visto. Fatta colazione a base di cioccolata (Torino è famosa per la cioccolata) sulla banchina del Po. Alle dieci preso il treno per Genova, più di cento miglia” (Dal volume a cura di Guido Botta, Princeton University Press 1955).

1989: Alessandro Bergonzoni pubblica Le balene restino sedute, ricco di surrealtà sintattiche e logiche. E’ un personaggio unico nel panorama teatrale e letterario italiano. Questo suo primo grande successo è ormai diventato un classico della comicità. Ne trasse anche una versione teatrale originale che lo rivelò prepotentemente alle platee italiane.
2001: Vengo chiamato dalla moglie di Giulio Einaudi per acquisire la biblioteca. Trovo in un angolo un volume rilegato in tela rossa senza titolo. Intuisco che si tratta del dattiloscritto della traduzione di Pavese di Moby Dick, l'esemplare corretto da Italo Calvino e Natalia Ginzburg per la riedizione di Einaudi. Compro tutta la biblioteca, e studio il dattiloscritto per tutta la notte; il giorno dopo, preso da scrupoli - perché persino i librai antiquari si fanno degli scrupoli, a volte - rendo questo pezzo alla Signora; ora figura alla Fondazione Giulio Einaudi di Milano.
Un passo indietro:
1850: Melville scrive Moby Dick, romanzo in cui le scene di caccia alla balena sono pretesto per riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche e artistiche che rendendo il viaggio un'allegoria della vita e della morte.
1856: Melville viene a Torino. Sta scrivendo un sequel di Moby Dick, dal titolo 'The whales should remain seated', ed ha il manoscritto con sé.
1932: Cesare Pavese pubblica la prima traduzione italiana di Moby Dick, evento epocale per la diffusione della letteratura americana in Italia
1950: Pavese trova al fondo di un armadio di una stanza della Pensione Roma un manoscritto di Melville, 'The whales should remain seated' ed inizia a tradurlo. Il 27 agosto Pavese si uccide in quella stessa stanza, di fronte alla stazione di Torino, lasciando un biglietto 'Non fate troppi pettegolezzi'. Sul diario, lasciato in quella stanza, che verrà pubblicato postumo con il titolo 'Il mestiere di vivere' scrive «Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più».

Un passo verso l'assurdo:
1988: Un giovane artista bolognese viene per la prima volta a Torino per uno spettacolo. Scende dal treno e per caso prende alloggio nella stanza 27 della Pensione Roma. Al fondo dell'armadio trova un dattiloscritto inglese, dal titolo 'The whales should remain seated'. Si tratta di un'opera di Melville che Pavese stava traducendo 30 anni prima, in cui la 'Grande balena bianca' viene rivisitata in chiave paradossale, al limite dell'eversione linguistica: il Capitano Achab, furioso perché non riusciva mai ad arpionare Moby, gridava dalla prua della sua nave: 'Le balene restino sedute, così le arpiono meglio!”. L'artista bolognese si appropria del dattiloscritto, e lo pubblica come sua opera prima e ne trae un libro ed uno spettacolo teatrale di grande successo. Distrugge il dattiloscritto, e non confesserà mai che la sua opera era in realtà un plagio.

Il libraio antiquario può ancora fare scoperte di questo genere, anche se non così fantasiose e assurde. Il mestiere di libraio antiquario presuppone una passione che va ben oltre il valore economico dell'oggetto, una cura nella ricerca, nella conservazione, nella rivalutazione di quanto ancora è poco noto o dimenticato, che non ha un corrispettivo economico: il libraio non smette di essere tale quando chiude la sua libreria e ritorna a casa. Il tempo del suo lavoro è la sua stessa vita. Librai si è sempre e per sempre, con l'abitudine alla precisione nelle informazioni e alla ricerca bibliografica, la necessaria erudizione, un sapere a cui oggi si è sempre più disabituati. Tuttavia i librai antiquari non esisterebbero se non ci fosse chi compra i loro libri: bibliofili e collezionisti, studiosi, istituzioni pubbliche e private. Nei compratori c'è la stessa passione dei venditori ed è la ragione per la quale è inevitabile che si stabiliscano sovente rapporti molto forti, a volte di amicizia a volte di gelosia: i libri scatenano emozioni difficilmente comprensibili per chi non le vive. Identica passione anima tanti bibliotecari che cercando nei cataloghi dei librai trovano i pezzi con cui arricchiscono le collezioni pubbliche, rendendo al paese un servizio tanto oscuro quanto fondamentale per la conservazione della memoria storica e artistica. Ecco l'importanza di una mostra come quella che si svolgerà a Settembre. La mostra è il luogo dell'incontro, la possibilità di parlare e di conoscersi, di avvicinarsi. E' fondamentale l'aspetto della relazione viva e della messa in comune dei saperi, la simpatia, la manìa, le mille sfaccettature dell'umano di cui i libri possono essere veicoli e pretesti. Visitando la mostra e conoscendo i librai il pubblico si renderà facilmente conto che l'aumento dei valori nel tempo è l'unico dato certo ed è il risultato dello sviluppo della nostra società informatizzata che tende a fare del libro sempre meno un mezzo di comunicazione del sapere e sempre più un oggetto di lusso. Anche quest'anno a Bologna i librai antiquari offriranno al pubblico i loro tesori che non sono fatti solo di libri antichissimi e costosissimi, ma di tutto ciò che può offrire di raro ed eccellente la carta stampata: dalle carte povere ai libri di studio, edizioni originali di ogni epoca, fotografie e manifesti, autografi, libri d'artista, libri gialli, libri ignoti, libri immaginati, sognati, dimenticati e ritrovati. Libri e carte di ogni prezzo ma sempre 'originali', autentici e veri: testimoni di epoche e momenti della nostra storia.
Inoltre, Melville ha sempre dato titoli piuttosto originali ai suoi romanzi o racconti, che si prestano sin troppo bene ad essere 'sconvolti' da assurdità grammaticali, e logiche:
Moby Dick o Moby Doc, la balena ad origine controllata ?
Riflessione sulle rilegature dei libri L'arte di fare il libro d'arte ?
Pierre o delle ambiguità - Public Relations poco corrette?
Frammenti da una scrivania - Quando scrivo si rompe persino lei
Il violinista o il manipolatore - Uto Ughi o un fisioterapista ?
I Gees - La febbre del sabato sera dei fratelli Bee ?
Io e il caminetto - Che cosa potrà mai dirmi: 'Brucio per te' ?

“ARTI DEL LIBRO, ARTI SUPERIORI”: le mani di chi li fa e gli occhi di chi li guarda.
“Libro” arbitrio: facoltà di operare sul libro secondo la ragione, atto non necessariamente conforme alla legge, ma alla volontà alla potestà assoluta,a discrezione, creazione, con talento, autorità, beltà, signoria, giudizio, licenza e capriccio. Artatamente. L’arte di fare il libro d’arte.
Arti del libro, arti superiori: gli occhi di chi li guarda le mani di chi li fa’ (la testa di chi li pensa)… Quali sono gli arti superiori se non questi? E’ il volume, di lavoro. Anche di questo si parlerà.
La mole. Una grande mole, qualcosa di Antonelliano, fogli, c’arte, piè pagina (arti inferiori).
Meditare. O editare? La differenza è sottile come un foglio, il pensare di fare, immaginazione impaginazione, grafie, foto grafie, sempre sottili come una pellicola. (.Mi chiedo qual è la vera differenza tra girare un film e girare una pagina). Sempre arti. Sempre gesti, muscoli anche se minuscoli o maiuscoli, altri caratteri.
Si tratta di forza, non per forza; è questione di azione, in questo caso di orizzonti, da orizzontale, steso, è stesura, asciugamento, d’inchiostro, di incisioni.
L’arte è doganiera, confina e poi sconfina.
E’materia da intitolare, segnare: ”lasciare il segno”; ma non come abbandono, ma come Re Perto, il grande monarca dei lasciti culturali.
Dire, far stampare lettere, e testamenti: non si tratta di penitenza ma del grande ludus che creano arte e libro, un rilegame eterno a sé stesso e all’eterno, all’eccezione che fa la regola d’arte, al raro che si fa’ carne da aprire come un testo, tangibile sensualità dell’illustre, illustrato, antico, moderno, miniato.
L’arte di fare il libro d’arte? Grazie arti-giano-bifronte!




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