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Alberto Vigevani - Il Dante di Torino

Data 01/12/2020       Categoria Articoli e pubblicazioni
Autore Admin

Alberto Vigevani - Il Dante di Torino

Credo accadde l’ultima volta che andai a San Siro all’ippodromo, io che da ragazzo e da giovanotto avevo visto i trionfi di Apelle e di Nearco, oltre a memorizzare pedigrees illustri, la loro storia e i brillanti, serici colori delle piu celebri scuderie, come Tesio o De Montel, senza tuttavia mai vincere una lira nelle rare scommesse.
Erano sempre gli anni dell’immediato dopoguerra, i più vivi nella mia memoria ancora oggi, pure per le illusioni che fermentavano e si sarebbero arrese alla lunga teoria degli Andreotti, dei Fanfani e dei Craxi.

Passeggiavo accanto all’erba fine del peso, ammirando cavalli dal portamento elegante e fantini famosi, quando mi sentii chiamare e riconobbi un noto editore musicale. Mi volle incontrare l’indomani nel suo ufficio, doveva acquistare un nuovo appartamento – il vecchio era stato distrutto dalle bombe – ed era alla ricerca dei fondi necessari, alienando qualche oggetto di gran pregio tra cui, non essendo bibliofilo, la prima edizione di Dante, quella di Foligno, di cui subito mi torno in mente l’affascinante colophon nella sua semplicita: ?Nel mille quatro cento septe et due / Nel quarto mese adi cinque et sei / Questa opera gentile impresa fue / Io maestro Iohanni Numeister opera dei / Alla decta impressione e meco fue / Elfulginato Evangelista mei?.

Prima d’informarmi del valore, certo ingente – qualche milione della moneta di allora – dissi che avrei dovuto prendere in ogni caso visione dell’esemplare. Purtroppo non si trovava a Milano, ma a Ginevra, nel caveau di una banca, dove aveva passato al riparo gli anni di guerra, come molte altre cose preziose. Il mio cliente era assai agitato per via dell’appartamento già adocchiato e mi pregò di accompagnarlo al più presto a Ginevra, dove arrivammo a notte fatta, scendendo al vecchio hotel de l’Ecu, un albergo caratteristico dell’epoca delle diligenze, che potevano entrare nel cortile-hall; purtroppo è stato poi demolito per far posto a una grande banca. E in una banca andammo insieme il mattino dopo. Nel caveau l’editore estrasse religiosamente da una cassetta un pacco sigillato con bolli di ceralacca, che disfece con altrettanta religiosità.

Non avevo mai visto nessuno dei tre famosi Dante del 1472, Foligno, Jesi, Mantova: era nella sua antica legatura di assicelle di legno. Sfogliai le prime carte, macchiate di un trasparente grigio a chiazze, che sembrava fango. La carta tuttavia mi pareva troppo dura al tatto, ?incartata? secondo la parola d’uso tra i tecnici. Contro la luce d’acquario che pioveva dal lucernario, esaminai due o tre fogli, dopo l’inizio non più macchiati, per prendere visione della filigrana che alla fine vidi ben chiara. Entro o intorno lo stemma di Torino, recava la dicitura ?Esposizione delle Industrie e del Lavoro in Torino 1911?. Avrei voluto fuggire, piuttosto che mostrarla al proprietario, che intanto mi fissava, evidentemente inquieto, e senza capire, ma fui obbligato a farlo, sentendomi un criminale. L’aveva comperato, nei giorni confusi dei bombardamenti su Milano, come possibile sicuro investimento, ma purtroppo era caduto in un imbroglio: la copia era il risultato di un trucco, macchiata apposta e rivestita di una legatura antica. Immaginai, senza dirlo, chi poteva essere il disonesto: il libraio che ritenni allora colpevole aveva una figlia poliomielitica immobilizzata in una carrozzina e mi faceva pietà ancor più del mio cliente, che era sbiancato in volto, senza essere capace di una reazione se non di accusarsi per la sua leggerezza. In treno, ebbi persino la sensazione che attribuisse a me la colpa di non avermi consultato prima di essere così miseramente ingannato. Tuttavia riuscì lo stesso ad acquistare l’appartamento, spero dopo aver consultato un architetto.

Per i curiosi aggiungerò che il Mambelli (Annali delle edizioni dantesche) descrive l’edizione di Torino 1911 al n. 551 come stampata nel Borgo Medievale in 2.000 esemplari numerati. Una tipografia e un libro che sarebbero piaciuti senza dubbio a Luca Beltrami e al grande Viollet-le-Duc.

Alberto Vigevani
La febbre dei libri
Memorie di un libraio bibliofilo
Sellerio editore - Palermo




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